Buongiorno, oggi partecipo al review party del romanzo "La bibliotecaria di New York"; ringrazio il blog gliocchidellupo per avermi coinvolta
Autrici: Marie Benedict & Victoria Christopher Murray
Titolo: La bibliotecaria di New York
Prezzo: 9,40 e-book 4,99
Link d'acquisto: QUI
Malgrado l’età – avrò avuto cinque o sei anni – sapevo che
se avessi costretto la mamma a chiamarmi una terza volta avrei infranto una
delle regole che governavano il comportamento dei Fleet: mai alzare la
voce, e mai costringere gli adulti ad alzare la voce. Era solo uno dei tanti
principi regolatori della nostra vita. Essere un Fleet significava avere una
buona istruzione (tutti i miei zii erano andati all’università) ed essere un
gran lavoratore (le femmine erano tutte maestre, i maschi ingegneri). I Fleet
vestivano e si presentavano con sobrietà, avevano un forte legame con la
comunità, erano beneducati e sempre dignitosi, a prescindere dal
trattamento che ci veniva riservato al di fuori del piccolo mondo protetto in
cui vivevamo
Trama
Una donna. Il suo sogno. Un segreto da custodire.
1902. A soli vent’anni, Belle da Costa Greene viene assunta da J.P. Morgan, uno dei più ricchi finanzieri al mondo, per curare la collezione di manoscritti, libri rari e opere d’arte di proprietà del magnate. In poco tempo Belle diventa un punto di riferimento dell’alta società newyorkese e una delle figure più influenti nel mondo dell’arte e della cultura. Organizza mostre ed eventi mondani, è in contatto diretto con commercianti, case d’asta e studiosi sia in America che in Europa. Il suo gusto è considerato impeccabile. Ma Belle ha un segreto, che deve proteggere a tutti i costi: non è nata Belle da Costa Greene, ma Belle Marion Greener. È la figlia di Richard Greener, il primo nero laureato a Harvard, distintosi come attivista per la difesa dei diritti civili degli afroamericani. Il colore della pelle di Belle, quindi, non è legato – come tutti credono – alle sue origini portoghesi, ma africane. Negli Stati Uniti del primo Novecento, ancora profondamente razzisti, anche una donna potente e affermata come Belle sarà costretta a custodire il suo segreto, per continuare a fare quello che ama.
Bestseller del New York Times tra i migliori libri dell’anno del Washington Post
La vera storia di Belle da Costa Greene, bibliotecaria personale di J.P. Morgan, e del suo inconfessabile segreto.
«Un libro straordinario: riesce a essere allo stesso tempo un appassionante romanzo storico e una lucidissima analisi sul razzismo. Una lettura imprescindibile.»
Pam Jenoff
«Una storia meravigliosa. Il segreto di Belle e il suo coraggio sapranno commuovervi ed emozionarvi. I miei complimenti a queste due autrici fantastiche.»
Fiona Davis
«Un giusto tributo al coraggio di Belle, al suo feroce desiderio di proteggere la famiglia e alla sua lotta per essere la donna che non le era permesso essere.»
Natasha Lester
Marie Benedict
è un avvocato con oltre dieci anni di esperienza in due dei più importanti studi legali degli Stati Uniti. Proprio il suo lavoro, che le ha fatto conoscere storie di donne spesso rimaste segrete, ha fatto nascere in lei la passione per la scrittura.
Victoria Christopher Murray
è autrice di oltre trenta romanzi di successo. È nata nel Queens, si è specializzata in disturbi della comunicazione alla Hampton University e ha conseguito un MBA alla New York University.
Ci annuiamo a vicenda, dopodiché la mamma si acciglia di nuovo. «E
se ti chiedesse che professori hai avuto e che preparazione hai ricevuto? La
tua “formazione”, come l’hai definita. In fondo Princeton è un’università
per soli uomini».
Questo è un terreno sicuro. «Gli descriverò l’ottima preparazione che mi
ha fornito Mr Richardson, il direttore. E le indicazioni di Miss Charlotte
Martins, la responsabile degli acquisti per il dipartimento. E se non dovesse
bastare, ovviamente anche l’apprendistato presso la Public Library di New
York e il corso estivo di bibliografia che ho seguito all’Amherst College».
«Ottimo, cara». La mamma emette un sospiro simile a un lieve fischio.
«Immagina, potresti lavorare gomito a gomito con Mr J.P. Morgan! L’uomo
più illustre di New York, se non della nazione!». Scuote la testa, incredula,
e ho l’impressione che dopo questo terzo grado, il colloquio con Mr
Morgan potrebbe essere una passeggiata.
Quando la mamma riapre bocca, so già che cosa sta per dire. «È il
motivo per cui abbiamo scelto questa strada», inizia a dire, come se non
dovesse solo ricordarmelo ma convincermi. «Una ragazza di colore che si
chiama Belle Marion Greener non sarebbe mai stata presa in considerazione
per un posto alle dipendenze di J.P. Morgan. Soltanto una ragazza bianca di
nome Belle da Costa Greene potrebbe avere un’occasione simile».
Recensione
Ho letto questo libro in anteprima e per questo ringrazio infinitamente coloro che me lo hanno permesso, partendo dal blog gli occhi del lupo, alla casa editrice che ce lo ha reso possibiile.
"La bibliotecaria di New York" ha per protagonista Belle Marion Greener, una ragazza di colore che viene assunta in una libreria di New York, ma sotto il nome di Belle Da Costa Greene; questo romanzo è quindi la storia di una ragazza che per sopravvivere deve nascondere la sua vera natura, fin da adolescente, cosa che le viene ripetuta di continuo dalla madre, quel genitore che le ha permesso di avere la vita che ha, grazie alla bugia raccontata: siamo bianchi. Ma c'è un altro genitore che non è così tanto d'accordo con questa scelta, e nonostante tutto, alla fine la capirà: il padre di Belle, così la chiameremo d'ora in poi, è un attivista di colore che lotta per l'uguaglianza tra bianchi e neri, cosa che viene rimarcata spesso nel romanzo.
"La bibliotecaria di New York" è quindi una lotta alla sopravvivenza, costi quel che costi, perché a fare da sfondo ci sono degli Stati Uniti ancora profondamente razzisti e come detto, ognuno è costretto a sopravvivere come riesce, cosa che Belle riesce a fare SOLO mentendo sulle sue origini e questo le fa male, ma capisce che è estremamente necessario.
Nonostante ciò che deve nascondere, la protagonista di questo romanzo è comunque un'eroina, che si fa strada attraverso la società newrychese, conosce grandi attivisti, irganizza mostre ed eventi mondani, è in contatto diretto con commercianti, case d’asta e studiosi sia in America che in Europa. Il suo gusto è considerato impeccabile.
Questo è un romanzo che fa riflettere tanto, una perla da non farsi scappare, perché oltre a far riflettere insegna cose che magari sono considerate obsolete, quasi scontate, ma che ai tempi non lo erano affatto.
La mia valutazione
Alla prossima
Luce <3
Quella sera stavo aiutando Teddy con i compiti in cucina, quando delle
urla ci interruppero. Immaginai che fossero i vicini: un venditore, sua
moglie e cinque maschietti con i capelli stopposi che spesso e volentieri
facevano un gran baccano.
«Avrei dovuto saperlo che miravi a questo. Avrei dovuto saperlo sin
dall’inizio che era quello che volevi!», tuonò mio padre. «Da quando hai
scelto questo quartiere e hai mentito al proprietario per farci dare
l’appartamento, avrei dovuto capirlo!».
«Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per i nostri figli e per noi due!»,
strillò anche mia madre, che in genere parlava sempre a bassa voce.
Rimasi scioccata nel sentirli urlare così. Ovviamente avevo notato che
col passare degli anni non si guardavano più con amore come una volta, che
si stringevano meno la mano e non si rubavano più baci. Tra loro c’era
sempre molta tensione, ma immaginavo che fosse dovuto al fatto che mio
padre era spesso via per raccogliere fondi per l’associazione e tenere comizi
in sostegno della parità di diritti. Ma non li avevo mai sentiti alzare la voce.
I Fleet non urlavano.
Mi pietrificai, fino a quando Teddy non si agitò sulla sedia. Lanciai uno
sguardo all’altro capo del tavolo e vidi che la mia sorellina di dieci anni
stava tremando. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si tappò le orecchie. Le
diedi un abbraccio veloce e poi andai in fondo al corridoio per sentire
meglio che cosa dicevano i miei.
«E poi le scuole a cui hai iscritto i ragazzi», proseguì mio padre.
«Volevi che frequentassero scuole per bianchi».
«Perché voglio il meglio per loro!», gridò mia madre.
«No, Genevieve, l’hai fatto per te. È la vita che hai sempre voluto fare
tu».
«Come puoi dire una cosa simile?», rispose, la voce tremula e
angustiata. «Non è quello che volevo. Sono stata costretta a farlo. Sono una
Fleet, vado fiera delle mie origini».
Mio padre scoppiò in una risata amara. «Le tue origini! Eh, sì, sei la
figlia dei grandi Fleet, mentre io sono soltanto l’umile nipote di uno
schiavo. Hai sposato un Greener, un uomo ben al di sotto del tuo livello».
«Richard, ti prego, non dire così. Lo sai quanto ti amo».
«Ah sì?»
«Certo che ti amo. E so che tu ami me. È per questo che voglio che tu
capisca. Mi accusi di rinnegare la mia identità, ma non è quello che ho
fatto».
«Sì, invece». Udii un frusciare di fogli e poi mio padre urlare: «E questa
ne è la dimostrazione! Al censimento hai dichiarato che siamo bianchi!».
Nessun commento:
Posta un commento