Buongiorno lettori e amanti delle serie tv! Come avevo preannunciato, da oggi comincia una nuova rubrica in collaborazione con altri 6 blog, di cui uno è quello di Federica, che gestisce Gliocchidellupo;
DOMENICA - Intervista al personaggio - GLI OCCHI DEL LUPO
Tutto
sul romanzo
COVER + TRAMA + ESTRATTI
Raccontaci come hai scelto la cover, chi l’ha
realizzata e qualche info in più rispetto alla trama scelta.
La cover è stata
realizzata dalla mia compagna Sonia.
L’ho scelta perché
rappresenta gli elementi base del romanzo: i templari, la croce (riferimento al
Sangue di Cristo e al Volto Santo, il crocifisso tridimensionale di Lucca) e il
Graal, che è il fulcro del romanzo.
La trama nasce dal mio
interesse per la ricerca storica. Mi ha sempre appassionato la storia del Graal
e ho voluto dare una mia interpretazione su cosa potesse essere per davvero.
Un’ipotesi che si differenzia da quelle normalmente in circolazione.
Il romanzo suggerisce
di non concentrare l’attenzione sul contenitore. Il Graal, infatti, è stato
rappresentato come una pietra, un piatto, una grolla, un calice e molto altro
ancora. Inoltre non ci dobbiamo neanche concentrare sul materiale di cui è
fatto. Il testo suggerisce di analizzare il contenuto, il sangue, che potrebbe
dare una risposta incredibile e spiegare le origini dell’essere umano. Per
questo il Graal sarebbe così importante e tutti lo cercano da migliaia di anni.
Allega un
estratto card e la cover del romanzo
ESTRATTO:
La scia
Fiori scarlatti sulla pelle segnata da
lividi. Corolle formate da petali liquidi, gocce custodi del soffio vitale.
La prima stilla si
era affacciata timida sotto la corona di spine. Era scivolata lentamente sulla
fronte, sulle guance, fino a raggiungere il mento, senza però avere la forza di
staccarsi dal volto. Quella goccia pioniera aveva aperto la strada alle altre
che le correvano dietro a ritmo crescente, sottraendo vita all’uomo inchiodato
alla croce. Alcune di esse saltarono nel vuoto creando sul terreno una macchia
rossastra. Passione, rabbia, delusione e amore, soprattutto tanto amore in quel
cuore che stava per smettere di battere. «Questo è il Calice del mio Sangue, per la
nuova ed eterna alleanza versato per voi e per tutti in remissione dei peccati.
Fate questo in memoria di me», avrebbero recitato in futuro nelle chiese di
tutto il mondo.
Il pomeriggio aveva da poco lasciato
campo alla sera, scolorendo in un cielo tetro e senza stelle. Un filo di nebbia
si alzava lentamente dalla terra e avvolgeva le vittime in un abbraccio
mortale, donando al minuscolo rilievo un aspetto infernale.
Sulle croci ai lati di Gesù, Disma e
Gesta continuavano a dimenarsi e a urlare tutto il loro dolore. Quelle grida
stridenti si propagavano nelle tenebre, urtando fastidiosamente i timpani dei
soldati rimasti sull’altura. Per accelerarne la fine, i legionari spezzarono a
entrambi le ossa delle gambe. Sapevano il fatto loro: la morte sulla croce era
un lento viaggio verso il soffocamento. Per respirare, il condannato doveva combattere
contro il peso del proprio corpo e, facendo forza sulle gambe, protendere in
avanti il torace. Solo così poteva riempire i polmoni e incamerare ossigeno.
Quando la vittima non riusciva più a distendere il tronco, moriva soffocata.
Mentre sul Calvario scendeva un
silenzio più inquietante degli stessi lamenti, due persone, con vesti
raffinate, confabulavano con Longino, l’exactor mortis, il
soldato responsabile della crocifissione. Erano importanti membri del Sinedrio,
seguaci di Gesù. Grazie a un lauto riscatto, Pilato aveva concesso loro di
prendere il cadavere del Nazareno, che ormai penzolava dalla croce lavato nel
sangue: «È morto, portatelo via» ordinò il legionario con tono severo.
Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea
staccarono il corpo dal legno e lo distesero a terra. Giuseppe gli tolse dalla
testa la corona di spine e, con un gesto rabbioso, la gettò via. Gesù mostrava
lunghi capelli ingrigiti, aggrovigliati e sporchi di sangue. Era coperto di
tagli e lividi e un grande buco sul costato testimoniava il colpo di lancia
infertogli da Longino. Dopo aver lavato il corpo, lo deposero sopra il lenzuolo
e lo cosparsero di aloe, mirra e altri balsami. Ultimato il rito della
purificazione, misero il cadavere su una lettiga per trasportarlo nel vicino
sepolcro che apparteneva all’uomo di Arimatea. L’oscurità calò dal cielo in
modo repentino, come un’ascia brunita di freddo acciaio. I seguaci di Gesù dovevano fare in
fretta. Era da poco scattato il sabato e se fossero stati visti vicino a un
cadavere, considerato elemento di impurità per i precetti ebraici, non
avrebbero potuto festeggiare la Pasqua.
«Giuseppe, aspetta un attimo. Devo fare
un’ultima cosa» disse Nicodemo, mentre rovistava nella bisaccia.
«Va bene, ma fai presto. Non abbiamo
molto tempo.»
Nicodemo estrasse un Calice e corse ai
piedi della croce. Quando s’inginocchiò, sul Calvario risuonò una breve
litania. L’uomo affondò le dita nella terra, proprio nel punto in cui si era
mescolata al Sangue di Cristo, e ne prese una manciata. Si guardò attorno con
fare circospetto, non voleva farsi vedere mentre raccoglieva la reliquia.
Ripose velocemente i grumi di Sangue all’interno della Coppa e avvolse tutto
con un panno di lino. Piangeva. Calde lacrime gli rigavano il volto, diventato
duro come la pietra. Gocce di dolore si schiantarono su quel suolo maledetto,
triste palcoscenico della morte di Gesù.
Fariseo, membro del Sinedrio, discepolo, ma sempre di nascosto. Perennemente indeciso a fare l’ultimo passo, Nicodemo non aveva mai provato l’estasi che aveva più volte inebriato gli apostoli. Solo adesso, nell’ora della disgrazia, aveva trovato la forza di esporsi. Avrebbe voluto condividere con i Dodici l’emozione della vicinanza a Gesù, ma questa volta erano stati loro a nascondersi.
Gli ultimi tragici avvenimenti lo avevano cambiato. Una frase del Maestro continuava a risuonargli nelle orecchie: nascere una seconda volta. Non sapeva spiegarsi il perché, ma aveva il presentimento che proprio quella notte avrebbe segnato la sua seconda vita. Se mi fossi esposto prima, forse le cose sarebbero andate diversamente, continuava a ripetersi. Ma ormai non poteva fare più nulla, Gesù era morto. Si asciugò le lacrime, si alzò e, mentre tornava verso Giuseppe, pensò alle parole dette dal Nazareno poco tempo prima: “In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo Sangue, non avete la vita in voi. Non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma col prezioso Sangue... senza difetto e senza macchia.”
Nicodemo sapeva
che quello custodito nella Coppa, non era il Sangue di un uomo comune, bensì di
una creatura speciale, del Figlio di un Dio. Ignorava, però, che il suo gesto
avrebbe dato vita alla più grande caccia di tutti i tempi, una caccia che
avrebbe lasciato dietro di sé una lunga scia rosso scarlatto.
SINOSSI
Un’improvvisa bufera di
neve. Un castello isolato. Dieci persone rinchiuse sotto lo stesso tetto,
ognuna con un segreto inconfessabile. E poi una lunga catena di omicidi,
compiuti sulla base di un’assurda filastrocca che ritorna ossessivamente; un
incubo dal quale è impossibile fuggire. Tutti sono potenziali assassini, tutti
potenziali vittime.
Un’incredibile indagine a ritroso nel tempo alla
ricerca del Santo Graal, tra società segrete, pergamene in codice, Cavalieri
Templari e un insolito Dante, membro della confraternita dei “Fedeli d’Amore”.
L’arcano si nasconde nella Lunigiana Storica, crocevia di popoli, una terra che
da molti secoli custodisce il Sangue di Cristo: l’importante reliquia che
nasconde un segreto millenario in grado di sconvolgere il destino del mondo.
Entra anche tu nel castello assieme ai
protagonisti per scoprire la Verità. Ma, attento. E non fidarti di nessuno...
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