sabato 18 dicembre 2021

Recensione "Terra nostra: Famiglie criminali in riva allo stretto", Amato Salvatore Campolo

 


Autore: Amato Salvatore Campolo

Titolo: Terra nostra: Famiglie criminali in riva allo stretto

Prezzo: cartaceo 15,90  e-book 2,99

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Durante la guerra di mafia degli anni ‘80, in quel fazzoletto di Calabria in riva allo Stretto vennero eseguiti diversi omicidi tra i clan rivali di Ferraro e di Macrì. Nell’aprile del 1992 la sentenza di Cassazione inflisse l’ergastolo ai fratelli Ferraro con “fine pena mai”, per associazione a delinquere di stampo mafioso e reati di omicidio, traffico di armi, droga ed estorsioni.

Finita la seconda guerra di ‘ndrangheta, sulle cittadine di Trimpoli e Casalotto-Bovese vennero definiti dei veri e propri confini per agevolare il controllo del territorio di ciascuna famiglia di ‘ndrangheta

Trama

2008, litorale jonico calabrese; dopo le sanguinose guerre di ‘ndrangheta degli anni ’80, nei territori di Casalotto e Bovese emerge un nuovo “Capu Locu”. È Giovanni Romeo, gestore di un distributore di benzina sulla statale, che si avvicina al clan Macrì e estende negli anni successivi il suo controllo sulla zona: per auto rubate, litigi tra amici o spartizioni di lavoro, la gente del posto si rivolge a lui invece che alle forze dell’ordine. Ovviamente, le nuove attività richiedono la sua “protezione”, in cambio di appalti ad aziende amiche o assunzioni “su richiesta”; Capu Locu e i suoi uomini non lasciano quindi indisturbato un solo cantiere, che sia di un centro commerciale o persino di una chiesa, senza esitare a ricorrere a intimidazioni e perfino a sporcarsi le mani di sangue. Il nome di Giovanni Romeo, e dietro di lui quello dei Macrì, diventano sempre più importanti a Casalotto, e la festa patronale del 2010 diventa una consacrazione a tutti gli effetti per il “Capu Locu”.
Non a tutti, però, questa situazione va a genio: sicuramente non a Jessica Castaldo, Maresciallo fresca di nomina ma carismatica e determinata, in cerca di giustizia per suo padre, brigadiere rimasto ucciso pochi anni prima in circostanze poco chiare. Insieme ai suoi appuntati, il maresciallo si metterà sulle tracce degli uomini di Romeo e dei Macrì e dei loro crimini, con l’obiettivo di smantellare la rete di ‘ndrangheta locale. E non va a genio nemmeno a Domenico Tripodi, nipote di Giovanni Ferraro, boss della zona negli anni ’80 e in carcere dal decenni. Domenico, nonostante la sua giovane età, è scaltro e sa muoversi bene: aiutato dai suoi cari amici e da un colpo di fortuna in cui trova l’eredità del nonno, preferisce muoversi nell’ombra invece di stare sotto i riflettori come Capu Locu.
Ma gli equilibri sono destinati a cambiare. Il maresciallo, infatti, arresta alcuni degli uomini di Romeo per crimini minori e, nonostante la loro omertà, riesce a ricostruire l’intero giro di intimidazioni e aggressioni della cosca di ‘ndrangheta, portando all’incarcerazione di Romeo e dei Macrì nel 2012.
Il vuoto di potere che ne consegue sarà presto colmato da nuovi eventi: l’uscita dal carcere prima del padre di Domenico, Filippo, e del pluripregiudicato Giacomo Mancuso 'u Geometra. Terra Nostra si conclude chiudendo l’arco narrativo dei personaggi principali, ma prospettando una nuova “minaccia” che incombe…


Ed eccoci arrivati al vero motivo per cui Giovanni poteva beneficiare da quell’amicizia: Silvana era la sorella di Giacomo Macrì, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giovanni Ferraro nel 2003, e di Don Vincenzo Macrì.

Quest’ultimo, pluripregiudicato per reati di mafia, più volte carcerato ed in quel periodo agli arresti domiciliari, viveva a Trimpoli, sempre sul mar jonio, città poco più a nord di Casalotto e Bovese. Era lui il capofamiglia dei Macrì, nonché il boss della zona: si occupava degli affari illeciti legati ai trasporti su gomma e al commercio di infissi grazie all’azienda del fratello Antonio. La suddetta ditta si chiamava “Infissi Macrì S.r.l.”: una società in principio finanziariamente sana e pulita, che però col tempo venne inquinata dagli affari illeciti del fratello.

Recensione


Oggi vi parlo del romanzo "Terra nostra: Famiglie di criminali in riva allo stretto"; ringrazio l'autore per la copia digitale.

Questo romanzo è un giallo noir, in cui i fatti sono narrati in maniera scorrevole e comprensibile; gli argomenti trattati sono molto attuali e fanno riflettere parecchio.

Ci sono due punti di vista: quello dei mafiosi e quello della polizia; questo diciamo "duetto" ci da la possibilità di vedere la storia da due parti, diametralmente opposte; l'autore riesce a rappresentare, attraverso queste storie famigliari, qualcosa che accade ancora oggi.

Terra nostra rende forti i legami famigliari, dove le tradizioni non solo sopravvivono, ma diventano un punto di riferimento per le proprie esistenze; i dialoghi sono veloci e schietti, i personaggi vengono mischiati e intrecciati, i crimini si susseguono uno dietro l'altro, vittorie e sconfitte, ascese e declini.

Ogni figura in questo libro è fondamentale, c'è una vera e propria guerra con strategie a breve e lungo termine.

Se amate il noir e il giallo Terra Nostra fa per voi; tremendamente reale, con forse un pizzico di fantasia.


La mia valutazione


Alla prossima


Luce <3


Don Peppe, classe '52, alloggiava in carcere dal 1992, quando era stato catturato, dopo un anno di latitanza, per le stragi di 'ndrangheta della sua cosca negli anni ’80. Era stato condannato a svariati ergastoli come mandante di una lunga serie di omicidi e reati di mafia, ma a suo parere era assolutamente innocente. In carcere, era conosciuto come: “u Calabrisi”, molto rispettato dai tanti siciliani detenuti e non solo, anche le guardie erano a sua disposizione. Per i primi otto anni, fu sottoposto al carcere duro, il cosiddetto “41-bis”.

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