giovedì 25 febbraio 2021

Segnalazione "Il tempo rubato", Giuseppe Pantano

 Buongiorno e bentornati sul blog con una nuova segnalazione


Titolo: Il tempo rubato

 Autore: Guseppe Pantano;

Editore: Self publishing;

Genere: Thriller psicologico;

Pagine: 270;

Costo: € 14,00 cartaceo - € 7,94 ebook

Link d'acquisto: QUI



Link pagina autore:https://www.facebook.com/giuseppe.pantano.92317

Instagram https://www.instagram.com/giuseppepantanoauthor/

Sito internet autore:

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Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=VT3tFMwFcVI


Il senso del tempo:

Ognuno di noi ha un altro essere dentro di sé. Costui può rimanere in silenzio anche per molto tempo, fino a quando non sconfigge la perenne menzogna che lo tiene prigioniero.

Trama

Mark Spencer è un Manager di successo e attento alle esigenze della sua famiglia. Qualcuno lo ha colpito con 8 coltellate profonde nel salotto della sua abitazione a Parigi. Chi lo ha colpito? Per quale motivo?

Le ombre di un passato agghiacciante si intrecciano con un presente difficile e tormentato, in un’escalation di forti emozioni, di drammi, di delitti e di colpi di scena. L’uomo e il manager si ritrovano al centro di un vortice in cui l’inesorabile passare del tempo appare scandire il ritmo di un’ineluttabile destino che arriverà a chiedere conto del tempo rubato.

L'incessante scorrere del tempo racconta, alternativamente, le opposte fortune dei protagonisti e li mette di fronte alle loro debolezze, alle loro contraddizioni e ai loro difetti. La vita di Mark deve fare i conti con un presente difficile e con un pesante passato, dai quali abissi, la sua coscienza risorge per vendicarsi.

La storia si nutre di sentimenti forti, come l’astio, la vendetta, la crudeltà. Essi sono mossi da atteggiamenti e da comportamenti altrettanto forti come l’invidia, il servilismo e il tradimento.


Un estratto

15 LUGLIO 2017 - L’ INIZIO

“E improvvisamente lo seppi. Dopo anni interi a immaginare come potesse essere il momento del trapasso, in un attimo ebbi la risposta. Intere generazioni di uomini, da millenni, si sono posti spesso la stessa domanda. Cosa succede dopo?

Cosa ci accade quando il cuore cessa di battere?

Per molto tempo in passato ero stato tentato di acquistare libri di persone che raccontavano l’esperienza vissuta durante il coma, da cui poi per qualche inesplicabile ragione, erano riusciti ad uscire e tornare al di qua. Avevo anche visto un film che, più di altri, aveva tentato di tradurre in immagini sul grande schermo le sensazioni della morte. Era un film degli anni 80, il cui protagonista era uno dei miei attori preferiti, Christophen Walken il quale, insieme a Natalie Wood lavorava ad un progetto avveniristico. Grazie a quel progetto era stato prodotto un macchinario che permetteva di registrare delle attività e trasmetterne le relative sensazioni ad altri.

Le sensazioni erano talmente reali che si poteva sciare stando comodamente seduti sul divano, oppure fumare senza avere affatto una sigaretta tra le dita.

Bastava solo indossare una specie di casco e attivare il nastro registrato da altri che avevano realmente fatto quelle cose. Nel film succedeva che Walken, entrato in possesso del nastro registrato dalla Wood durante la sua morte, visionasse e provasse su di sé le sensazioni registrate dall’amica. Per rappresentare le sensazioni del momento del trapasso il regista, Douglas Trumbull, aveva popolato lo schermo di scenari bui, oscuri, in cui un tunnel fatto di membra attorcigliate si avvolgeva intorno a se stesso e dava un senso di movimento, alternativamente veloce e lento, in direzione di una luce assoluta, irresistibilmente attraente.

Durante questo moto circolare del tunnel, si susseguivano immagini prese dalla vita della protagonista. Gocce di ricordi, fotogrammi di episodi e frammenti di un’esistenza, snocciolati e riassunti all’attenzione dello spettatore.

Benché avessi sempre resistito alla tentazione di credere a simili testimonianze, mi ero spesso soffermato a leggere articoli di riviste o estratti delle copertine degli stessi libri che rifiutavo di acquistare. Si parlava sempre di questo tunnel buio, con una luce in fondo, di una sensazione di pace e di appagamento che invitava ad abbandonarsi all’oblio. La forza persuasiva rappresentata dalla luce trovava, come spesso sottolineato nei racconti dei sopravvissuti, un’opposta resistenza, di pari intensità, che richiamava al ritorno alla vita. Si narrava che la voce dei congiunti, figli, coniugi, fratelli o genitori, fosse stata spesso risolutiva nel vincere l’attrazione della luce in fondo al tunnel, per restituire il moribondo alla vita e all’affetto dei suoi cari.

Ma io, adesso cosa vedevo? Forse era troppo presto o troppo tardi per vedere un tunnel o per accorgermi di una luce. Forse avrei anche io notato l’attrazione irresistibile verso una meta luminosa. Forse anche io avrei presto avvertito il senso di pace e serenità raccontato dai protagonisti delle storie sui “ritorni”.

Eppure niente di tutta quella collezione di sensazioni e di immagini passava in rassegna davanti ai miei occhi, o per meglio dire, davanti al mio spirito. Quello che mi si parava davanti, un attimo dopo aver subito otto coltellate al fianco e al torace, era solo il buio. Il dolore lancinante e ripetuto che aveva pervaso il mio corpo. Nessun tunnel, nessuna luce, nessuna voce che mi invitava disperatamente a tornare indietro.

Ad un tratto il dolore scomparve e cominciò a farsi strada, in uno stato di sospensione apparente del mio spirito, come in una sorta di galleggiamento nell’aria a pochi centimetri dal soffitto, la vista del corpo disteso a terra, immerso in una pozza di sangue.

Proprio così: la vita di Mark Spencer, cioè io, stava magicamente e tragicamente defluendo da quell’involucro corporeo che ne aveva, per 54 anni, trattenuto l’essenza e dato un senso all’appartenenza al genere umano.”



Per oggi è tutto, a presto


Luce <3

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