domenica 9 novembre 2025

Noi del rione Sanità - serie tv (recensione)

Buongiorno, oggi vi parlo di una nuova serie tv italiana, ambientata  a Napoli 



Titolo: Noi del Rione Sanità

Paese: Italia

Anno: 2025 

Formato: serie tv

Genere: drammatico

Stagioni: 1

Episodi: 6

Durata: 50 min (episodio)

Lingua: italiano, napoletano



Informazioni

Noi del Rione Sanità è una serie televisiva italiana trasmessa da Rai 1 dal 23 ottobre 2025. La storia si ispira alla vita di Don Antonio Loffredo narrata nel libro Noi del Rione Sanità.



Trama

Don Giuseppe Santoro, sacerdote dal carattere deciso e dallo spirito innovativo, è costretto a lasciare il suo incarico al carcere di Poggioreale dopo che, durante un’uscita organizzata per un progetto di reinserimento sociale, alcuni detenuti riescono a fuggire. La Curia lo trasferisce così nel rione Sanità, un quartiere segnato da criminalità diffusa e alta dispersione scolastica, dove per i giovani sembra impossibile immaginare un futuro diverso. Nonostante l’accoglienza ostile, Don Giuseppe inizia gradualmente a inserirsi nella nuova realtà, opponendosi sia alle direttive rigide della Curia sia al potere del boss locale, Mariano.



Recensione

Noi del Rione Sanità porta in prima serata su Rai 1, dal 23 ottobre con 6 episodi, l'esperienza del reale che ha cambiato il destino di una porzione di Napoli: il "miracolo" nato attorno alla parrocchia e alle Catacombe di San Gennaro. Se il Rione Sanità si è trasformato negli anni da quartiere malfamato a polo turistico e culturale, il merito è anche e soprattutto di Don Antonio Loffredo

Ed è proprio dal suo libro autobiografico che è tratta la fiction di Luca Miniero con Carmine Recano e Nicole Grimaudo, coprodotta da Rai Fiction, Mad Entertainment e Rai Com.

Il Don Antonio della realtà, nella finzione diventa Don Giuseppe, ma il nome non è un caso: è l'omaggio voluto dal vero prete al suo predecessore, colui che al suo arrivo alla Sanità "aveva già dissodato il terreno".



Il parroco interpretato da Carmine Recano è pragmatico, amichevole, misurato ma con una vena di irrequietezza. Arriva nel Rione dopo una caduta professionale ma nel suo caso il "demansionamento" è l'occasione per rimettersi in gioco su un terreno più difficile, quello dei ragazzi che si trovano di fronte alla scelta che condizionerà tutta la loro vita: inseguire i propri sogni o rimanere schiavi della camorra, unica alternativa concreta alla povertà.

L'argomento non è certo dei più innovativi, al contrario sembra un filone ormai fin troppo abusato e c'è ben più di una somiglianza con Mare Fuori, almeno nel pilot. Il terreno è comune e chi lo popola anche: una città complicata e piena di contraddizioni, boss di quartiere che offrono una vita d'uscita facile alla miseria, ragazzi il cui futuro sembra già scritto.

Nel mezzo una figura che è mentore e redentore, che non giudica ma offre opportunità. In Mare Fuori era il comandante, in Noi del Rione Sanità è il parroco, ma la faccia è la stessa: Carmine Recano, seppure abbia il giusto phisique du role e la faccia da eterno scugnizzo, è forse ciò che rende i due prodotti troppo simili. Ma avremo tempo per cambiare idea, perché la storia (vera) ha la potenza necessaria per essere un racconto di formazione collettivo che mette in primo piano l'educazione alla bellezza.



Il pilot si apre con l'arrivo di Don Giuseppe al Rione Sanità dopo un errore accaduto nel carcere di Poggioreale dove aveva tentato di avviare una cooperativa di reinserimento dei detenuti, fallita a causa di un'evasione. Alla Sanità il prete si trova fin da subito immerso in una realtà difficile, circondato da ragazzi che vivono ai margini: Massimo, figlio di un collaboratore di giustizia considerato un infame nel quartiere, i due fratelli Enzo e Sante divisi tra la voglia di onestà e la tentazione di soldi facili, Anna e Alex, figli di una madre detenuta. Gli adulti non sono meno disillusi, incapaci anche loro di immaginare alternative.

Con l'aiuto di Asprinio, della determinata Suor Celeste e del golosissimo sacrestano Lello, Don Giuseppe comincia a costruire un'idea di comunità aperta fondata sull'arte e sulla partecipazione.



La speranza, come ha detto Don Antonio Loffredo in conferenza stampa, è quella di "combattere ogni situazione inevitabile con qualcosa di imprevedibile". Nasce così il laboratorio teatrale, che prima incuriosisce poi aggrega e lima le differenze. Dal canto suo il boss Mariano Santella prova a contrastare l'interesse dei "suoi" ragazzi verso il nuovo parroco e le sue iniziative, ma soprattutto muove le sue pedine nello scacchiere della Sanità.

Non manca l'amore, quello che sta per sbocciare nel gruppo e quello che riemerge dal passato e ha il volto teso, tormentato e stanco di Manuela: vecchio amore del Don prima della chiamata, oggi prigioniera di un matrimonio infelice e di un marito violento. La rinascita delle Catacombe di San Gennaro, fino a quel momento utilizzate come magazzino e discarica, è il baricentro di una rivoluzione che parte dal basso e si insinua nel quartiere, che è fondata sulla bellezza, sull'azione collettiva e su un modo pratico, concreto di vedere la religiosità.



La serie nasce da un racconto che chiede di essere condiviso. È una storia "che il servizio pubblico deve fare", ha sottolineato in conferenza Luigi Mariniello, capo struttura di Rai Fiction. Don Antonio Loffredo è più imprenditore che santo, è un prete che fa, che smuove le acque, che rimescola le carte evitando, anzi contrastando, l'immobilismo. È, come ha detto lui stesso, "un mediano che organizza il gioco. Ma il gol lo hanno fatto i ragazzi". E infatti a chi insiste nel dire che la fiction sia la sua storia, lui ribadisce che è quella di "noi del Rione Sanità". Ma soprattutto è la prova vivente che la religiosità, per essere efficace, deve uscire dai palazzi e tornare fra il popolo, nella quotidianità che è sempre più difficile.

Luca Miniero racconta questa "favola metropolitana" cercando di restituire l'umanità ferita del Rione ma soprattutto abbassando i toni melodrammatici quando sarebbe facile, invece, alzarli. Quando inciampa lo fa su due fronti: alcuni passaggi didascalici da cui le fiction Rai non riescono a smarcarsi e un vezzo metalinguistico (la rottura della quarta parete) che ha il solo effetto di smorzare la sospensione.



Insomma, la serie funziona quando ascolta i volti del Rione e dà respiro a una città "non globalizzata", meno quando insegue soluzioni già viste. Il risultato è comunque un racconto popolare nel senso migliore: accessibile, empatico, pensato per un pubblico ampio e capace di intercettare un desiderio collettivo di ricomposizione.

Con Noi del Rione Sanità Luca Miniero sceglie la via dell’emozione sincera e dell’empatia, restituendo un quartiere che non è solo teatro di disagio, ma soprattutto laboratorio di rinascita. Carmine Recano è credibile e intenso in un ruolo di equilibrio tra fede e azione concreta, sostenuto da un cast corale affiatato in cui spicca Vincenzo Nemolato. Qualche sbavatura c’è – un eccesso di didascalismo e passaggi che ricordano modelli già noti – ma il risultato resta autentico, vitale e coerente con la missione del servizio pubblico.




La mia valutazione

Alla prossima
Luce <3



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