Buongiorno, oggi vi parlo della nuova serie Netflix tratta dal romanzo di Gabriel Garcia Marquez (QUI trovate la recensione)
Titolo originale: Cien Años de Soledad
Paese: Colombia
Anno: 2024
Formato: serie tv
Genere: drammatico, fantasy, storico
Episodi: 16
Durata: un'ora (episodio)
Lingua originale: spagnolo
Trama
La storia si apre tra le mura di un edificio in decadenza, su un corpo in decomposizione preso d’assalto dalle formiche. Una mano accarezza le pagine di libri polverosi, fitte di disegni e simboli misteriosi tra cui l’Uroboro. In un villaggio sperduto della Colombia, si festeggia il matrimonio tra José Aureliano Buendía (Marco Antonio González) e Ursula Iguarán (Susana Morales).
L’unica a essere assai contrariata da questa unione è la madre di Ursula. I due sposi sono cugini. Per questa parentela, potrebbero nascere figli con sembianze di iguane. Si racconta che un’unione tra consanguinei abbia generato un neonato metà bambino, metà maialino.
Ursula è talmente spaventata da queste superstizioni da indossare la cintura di castità. I mesi passano: José Aureliano alleva galli da combattimento mentre sua moglie ricama e cucina. Durante una delle gare, l’animale di José vince contro quello di Fulgencio Aguilar. Quando Fulgencio fa una battuta infelice sulla vita sessuale di José, viene da lui sfidato a duello e ucciso.
Questo momento drammatico scatena eventi imprevedibili. Dopo la sua morte, Fulgencio si materializza come un fantasma nell’abitazione dei due giovani. All’inizio, José e Ursula provano a convivere con questa presenza ultraterrena. Poi, sempre più ossessionati e spaventati, si arrendono. Abbandonano il loro villaggio per non farvi più ritorno. Seguiti da un gruppo di abitanti pronto all’avventura, si dirigono verso il mare oltre la serra, allo scopo di scacciare le loro paure e quelle dei loro antenati.
Un borgo dove il canto degli uccelli, nelle gabbie appese in ogni portico, è festoso e rumoroso. Il primo bambino a nascere a Macondo è il piccolo José Arcadio, libero di girare nudo e felice in mezzo agli abitanti operosi e attenti l’uno con l’altro.
Una primavera, gli zingari con a capo Melquiades (Moreno Borja) raggiungono Macondo attirati dal frastuono degli uccelli. Portano con sé oggetti magici e meravigliosi come due grosse calamite, con cui stupire gli abitanti del villaggio. Quello più colpito è Aureliano: con la speranza di trovare monete e forzieri al centro della terra, le acquista in cambio delle capre. Pur avendolo avvertito dell’impossibilità della sua impresa, dopo l’inevitabile fallimento Melquiades consola il povero Aureliano. E tra i due nasce una vera amicizia.
Il gitano insegna al giovane a utilizzare le mappe, a orientarsi con strumenti di navigazione. Negli anni, lo introduce ai segreti dell’alchimia. Mentre José Aureliano è preso da questi studi bislacchi, Ursula cerca in ogni modo di trovare i soldi per sfamare la famiglia. Aiutata dall’amica e vicina Pilar Ternera (Viña Machado), cucina e vende al mercato – e con profitto – dolcetti di caramello a forma di animaletto.
Ursula dà alla luce Aureliano (Claudio Cataño), che si annuncia piangendo nel ventre della madre e nasce con gli occhi aperti. I suoi sono i doni della preveggenza. Gli anni passano: José Arcadio è oramai un uomo inquieto e ribelle.
La sua vitalità sessuale conquista la più anziana Pilar mentre nella famiglia Buendia arriva un terzo figlio, una bambina di nome Amaranta (Luna Ruíz). Alla famiglia si aggiungerà infine Rebeca (Nicole Montenegro), orfana che viaggia con le ossa dei propri genitori in un sacco. In Primavera, ritornano i gitani: José Aureliano porta con sé i figli per salutare l’amico Melquiades ma apprende che l’uomo è dato per morto nelle secche di Singapore.
Un uomo apre uno scrigno contenente un lucente e immenso pezzo di ghiaccio. E la loro vita da quel momento cambia, si avvolge e si riavvolge seguendo un ciclico avvenire. Vivi e morti si susseguono tra guerre, luoghi e persone, lungo la storia già scritta dentro la coda di un Uroboro.
La serie Netflix è riuscita nella mirabolante impresa di portare sullo schermo la bellezza e il realismo magico del romanzo per costruire di fronte ai nostri occhi un mondo composito e vivissimo. Episodio dopo episodio, ogni personaggio, dialogo e movimento di macchina disegnano fedelmente le vicende della dinastia dei Buendía, i suoi trionfi e la caduta.
I registi Alex García López (The Witcher) e Laura Mora (The Kings of the World) si sono divisi quasi equamente la direzione degli episodi, mantenendo insieme la rotta della mastodontica produzione. Sono riusciti a integrare nella quotidianità qualsiasi riferimento all’onirico e al sovrannaturale, senza cadere nel ridicolo. Si sono soffermati sugli spazi – dalle visioni acquatiche alla quiete della campagna – lasciando prendere spesso al paesaggio il sopravvento sul racconto, per una efficace trasposizione immaginativa del romanzo.
Infine, hanno saputo esprimere tutta la carica erotica del libro senza cedere ad alcuna esibizione fine a sé stessa. Ogni componente della vita è inclusa in un disegno più ampio, esattamente come in Marquez. Dalla solitudine del titolo, vera tragedia e maledizione di famiglia, all’amore sensuale, definito da José Aureliano come una peste. E la tensione tra questi due sentimenti non abbandona mai i protagonisti.
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