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mercoledì 2 aprile 2025

Recensione film "Wicked parte 1"

 


Titolo: Wicked parte 1

Data d'uscita: 22 novembre 2024

Genere: fantastico, musicale

Durata: 160 minuti



Trailer



Trama

Il Regno di Oz è in festa dopo la morte di Elphaba, la Perfida Strega dell'Ovest sconfitta dalla piccola Dorothy. Glinda, la Buona Strega del Nord, conferma la notizia ai Mastichini e racconta loro della nascita di Elphaba, nata con la pelle di colore verde dopo che la madre aveva avuto una relazione extraconiugale. Quando una Mastichina le chiede se è vero che lei ed Elphaba erano state amiche, la strega comincia a ricordare il loro primo incontro in università.

Diversi anni prima la giovane Glinda (allora chiamata "Galinda") si era iscritta alla prestigiosa Università Shiz con la speranza di studiare stregoneria con la celebre Madame Morrible. La professoressa, tuttavia, aveva snobbato Galinda dopo aver notato l'enorme potenziale di Elphaba, che si era recata all'ateneo solo per accompagnare la sorella disabile Nessarose. Elphaba e Galinda sono costrette a diventare coinquiline, ma tra le due nasce subito una forte antipatia, esacerbata dalla grande popolarità di Galinda e le discriminazioni che Elphaba subisce per via del colore della sua pelle.

Il clima politico a Oz si fa sempre più difficile e gli animali parlanti cominciano a subire pesanti discriminazioni. Elphaba fa amicizia con uno di loro, il dottor Dillamond, la capra che insegna storia. Intanto l'arrivo del carismatico principe Fiyero Tigelaar getta in subbuglio l'università. Fiyero organizza una festa alla Sala da Ballo Ozdust per uscire con Galinda, che dal canto suo suggerisce a Boq, invaghitosi di lei, di invitare al ballo Nessarose. Commossa dal bel gesto per la sorella, Elphaba chiede a Madame Morrible di cominciare a insegnare magia anche a Galinda.



Quando lo scopre, Galinda è presa dai sensi di colpa: ha infatti invitato Elphaba alla festa dopo averle donato l'orribile cappello a punta della nonna, motivo per cui la giovane strega viene derisa da tutti al ballo. Tuttavia, Galinda interviene e si mette a ballare con Elphaba, rendendo così popolare tra gli altri studenti la sua danza stravagante. Le due diventano amiche e Galinda decide di aiutare Elphaba a diventare popolare.

Durante una lezione, il dottor Dillamond viene arrestato, dato che agli animali è stato proibito di insegnare. Grazie ai suoi poteri magici e all'aiuto di Fiyero, Elphaba libera un leoncino messo in gabbia affinché non imparasse mai a parlare. La piccola disavventura avvicina Fiyero ed Elphaba, che comincia a nutrire sentimenti per il ragazzo di Galinda. Sempre più colpita dai poteri di Elphaba, Madame Morrible le fa ottenere un invito per incontrare il Mago di Oz e la giovane strega chiede a Galinda (che si è ribattezzata "Glinda" in onore del dottor Dillamond) di andare con lei alla Città di Smeraldo.

Giunte davanti al Mago, Elphaba e Glinda scoprono che il sovrano è un affabile uomo di mezz'età. Dopo l'arrivo di Madame Morrible a corte, lei e il Mago chiedono ad Elphaba di dare prova dei suoi poteri leggendo l'Orripilario, un libro magico scritto in una lingua perduta che Elphaba riesce a decifrare immediatamente. L'incantesimo di Elphaba fa spuntare dolorosamente le ali alle scimmie della guardia privata del Mago, che intende usare come spie. Elphaba quindi si rende conto che è stato proprio l'autoritario Mago (in realtà un cialtrone senza alcun potere magico) ad aver promulgato le leggi razziali contro gli animali e che ora intende usare quest'ultimi per mantenere il controllo su tutto il Regno di Oz.

Rifiutando le offerte del Mago, Elphaba ruba l'Orripilario e scappa, mentre Madame Morrible ordina la sua cattura e la proclama una nemica dello Stato, notizia che giunge anche a Nessarose. Nonostante le suppliche di Glinda, che viene in seguito avvicinata da Madame Morrible, Elphaba decide di non tornare sui suoi passi e fugge dalla Città di Smeraldo su una scopa volante dichiarando guerra al Mago.



Recensione

La strega verde del celebre libro Il meraviglioso mago di Oz (scritto da  L. Frank Baum nel 1900 e reso film nel 1939), si mostra in una sua versione giovane e speranzosa mentre canta il testo di una delle canzoni più conosciute del musical Wicked, “The Wizard and I”, in cui si augura che un giorno in tutta Oz ci sarà una celebrazione dedicata interamente a lei e ai suoi poteri magici. Oltre ad essere un evidente e cupo foreshadowing agli eventi futuri del film, si può dire che queste parole facciano eco anche a quello che è accaduto negli Stati Uniti all’uscita di questa attesissima trasposizione cinematografica: Wicked è uno dei musical americani più amati di Broadway, e nonostante alla sua uscita nelle sale di detrattori non ce ne siano stati pochi, sono decisamente di più quelli che lo hanno inondato di critiche soprattutto entusiaste e positive. E io non posso che dirmi d’accordo.

Wicked nasce come libro prequel del Mago di Oz nel 1995, dalla penna di Gregory Maguire, per poi essere trasformato in un musical teatrale nel 2003 con libretto di Winnie Holzman e canzoni di Stephen Schwartz, quest’ultimo già compositore di testi per i film d’animazione PocahontasIl gobbo di Notre-Dame e Il principe d’Egitto. Il cast originale del musical si fregiava della presenza di due giovani star della scena teatrale: il ruolo della strega verde Elphaba andò a Idina Menzel, già protagonista del rivoluzionario Rent del 1996 e futura voce di Elsa in Frozen, mentre per la strega buona Glinda la scelta cadde su Kristen Chenoweth, vincitrice del Tony Award 1999 come migliore attrice non protagonista per il ruolo di Sally Brown nel musical You’re a Good Man, Charlie Brown.

Elphaba e Glinda Wicked

Il rapporto fra le due streghe è la colonna portante di Wicked: nell’immaginario collettivo, derivato dal Mago di Oz del 1939, le due sono nemiche, con Elphaba a ricoprire il ruolo dell’antagonista in tutto e per tutto negativa, dalla grottesca pelle verde alla personalità sgradevole, e Glinda a fungere da Fata Madrina per la protagonista Dorothy, con il suo vestito rosa e i suoi atteggiamenti buoni e altruisti. In Wicked questa netta differenza fra bianco e nero sfuma e si mescola, regalandoci due protagoniste complesse, mosse da principi diversi ma anche da una profonda e conflittuale amicizia; in questo prequel, infatti, Elphaba e Glinda diventano compagne di università e compagne di stanza, dapprima odiandosi e poi, man mano, capendosi e rispettandosi. Va da sé che quindi il casting delle attrici protagoniste per la trasposizione cinematografica era tanto cruciale quanto delicata.

Alla fine, la scelta è ricaduta su Ariana Grande per il ruolo di Glinda e su Cynthia Erivo per quello di Elphaba. La prima, pop star di fama mondiale con una passione per il teatro (aveva per esempio già cantato una canzone di Wicked durante la cerimonia per il 15° anniversario del musical nel 2018); la seconda, attrice teatrale ampiamente conosciuta a Broadway, soprattutto per il suo ruolo di Celie nel musical de Il Colore Viola, per il quale ha vinto il Tony Award come Migliore attrice protagonista nel 2016. Le due, a dispetto delle apparenze, avevano da subito convinto la community teatrale americana, i cosiddetti “Theatre Kids“, anche se il casting di Ariana Grande ha continuato a suscitare dubbi nella maggior parte del pubblico fino alla fine. Sospetti e dubbi, a mio parere, ampiamente smentiti dalla meravigliosa performance che entrambe, insieme, ci regalano in questo film.

Wicked ariana grande cynthia erivo

Wicked – Parte I copre tutto il primo atto del musical teatrale e si apre riprendendo la fine del film Il Mago di Ozla malvagia strega dell’Ovest, Elphaba, è stata sconfitta e tutta Oz gioisce per la sua morte, inclusa Glinda, la strega buona sua acerrima nemica. I più attenti, però, notano che il sorriso e le parole della “Good Witch” non combaciano esattamente con l’espressione dei suoi occhi, a tratti vuota e perfino triste: qualcuno tra gli abitanti di Oz arriva a domandarle se le due non fossero in realtà amiche, supposizione che Glinda finisce per confermare, dichiarando però che essendo passato tanto tempo ormai non avevano più rapporti l’una con l’altra.

Ed è qui che parte il prequel, raffigurato quindi come un enorme e continuo flashback: dai futuri festeggiamenti per la morte di Elphaba si passa ai festeggiamenti per l’ammissione alla Shizuniversità magica rinomata in tutta Oz, in cui le due streghe, ancora giovani, si incontrano per la prima volta. L’intera storia è incentrata sulla loro relazione, dapprima conflittuale, poi di profonda amicizia, e infine di inevitabile separazione.

wicked elphaba glinda specchio

Elphaba è caratterizzata, oltre che da un’evidente carnagione verde per la quale viene costantemente discriminata, da una personalità introversa ma molto tenace, che si riflette nello stile delle canzoni di cui è protagonista: l’inizio è sempre in sordina, quasi timido, con note basse e parole perlopiù recitate, mentre la parte finale esplode quasi sempre in un belting, tecnica canora che consiste (volendo ridurre all’osso) nell’emettere una nota alta senza usare il falsetto, quindi con ampia risonanza e intensitàGlinda, al contrario, dai capelli biondi e l’aspetto principesco, canta spesso canzoni in stile opera, sfruttando pienamente il falsetto e la sua estensione vocale. Là dove la prima è un concentrato di intensità emotiva e parole esplicite e sincere, la seconda fonde la frivolezza del virtuosismo con testi dal doppio significato, non riuscendo né potendo mai esprimere quello che prova veramente.

Se la sfida nell’interpretare Elphaba risiede nella capacità di mantenere l’equilibrio fra espressioni contenute ed esplosività canora che non sfoci in puro tecnicismo, la difficoltà nel recitare il ruolo di Glinda è tutta sia nel saper far ridere sia nel mantenere l’ambiguità giusta fra espressioni e parole: molte delle canzoni di quest’ultima hanno infatti un testo allegro quando in realtà il personaggio sta soffrendo profondamente, e si dev’essere in grado di esprimere tanto la felicità di facciata quanto la tristezza di fondo. Sia Cynthia Erivo che Ariana Grande riescono appieno nell’intento, la prima riuscendo perfettamente a calarsi nei panni di una Elphaba giovane, insicura ma determinata, e la seconda rubando decisamente la scena grazie ai suoi perfetti tempi comici e alle struggenti espressioni di dolore che ha mentre canta alcuni tra i testi più allegri della colonna sonora.

Wicked Elphaba Finale

Se il comparto recitativo è quello più riuscito, anche per le interpretazioni dei ruoli secondari che avremo tempo (spero) di ammirare meglio nella seconda parte (Jonathan Bailey e Ethan Slater parlo di voi), quello fotografico mi ha purtroppo delusa. Le aspettative erano già basse, visto che anche nei precedenti lavori di Jon M. Chu i flare sono i protagonisti di qualunque scena (vedasi Step Up 3D o In The Heights), e sono state malauguratamente confermate: per quanto ogni scenografia sia perfettamente realistica e adatta alle singole scene, la fotografia bagna tutto con questa perenne luce solare bianca/arancio che arriva persino nei luoghi chiusi, rendendo purtroppo ogni luogo simile a sé stesso e tagliando un po’ troppo la tensione nei momenti più drammatici, come nel finale con la celebre canzone “Defying Gravity”.

Unico altro aspetto negativo è, forse prevedibilmente, la divisione del film in due parti: se è vero che è stato confortante vedere il primo atto del musical trattato e approfondito con rispetto, è comunque un peccato sospendere la narrazione, soprattutto visti i continui richiami che ci sono fra prima e seconda parte; quasi ogni cosa narrata e vista viene rovesciata nel secondo atto, svelando doppi significati di canzoni e battute ai quali inevitabilmente, durante il primo atto, non si fa caso. La tensione si spezza e si rischia di perdere continuità, visto che l’impatto emotivo del passaggio fra prima e seconda parte sta proprio nel fatto che i toni cambiano completamente; creando due film separati si rischia di offrire una parte 1 scollegata, perlopiù spensierata e ingenua, e una seconda parte cupa e matura, offrendo di fatto due film diversi. Non è necessariamente una scelta malvagia, ma a me ha fatto storcere un bel po’ il naso.

Anche tematiche importanti come il pregiudizio e la discriminazione, seppur trattate con delicatezza e senza finto buonismo, risultano inevitabilmente sviluppate a metà: la pelle verde di Elphaba, la sedia a rotelle di sua sorella Nessarose e il trattamento degli animali ad Oz sono percepiti chiaramente con disgusto o indifferenza dalla maggior parte dei personaggi (ed è questo che permette alla sensibilità di Elphaba di spiccare), ma ciò avrà sviluppi più chiari e profondi nella seconda parte.

Wicked Il mago di Oz

L’uscita della seconda parte di Wicked è prevista per novembre 2025; sperando che anche il seguito soddisfi le aspettative, soprattutto in vista di numeri musicali struggenti e potenti insieme come “Thank Goodness” per Glinda e “No Good Deed” per Elphaba, vi consiglio di vedere intanto questa prima parte: decisamente, e direi anche finalmente, la prima trasposizione cinematografica riuscita di un musical post anni 2000.


La mia valutazione

Alla prossima

Luce <3



giovedì 16 maggio 2024

Miyo - un amore felino - Anime Netflix (recensione)

 

Titolo originaleNakitai watashi wa neko o kaburu

Titolo: Miyo - un amore felino

Paese: Giappone

Anno: 2020

Durata: 104 min




Trailer:


Trama

Miyo Sasaki è una ragazza di 14 anni innamorata dell'affascinante Kento Hinode, suo compagno di classe. Una sera, la giovane si imbatte in un misterioso gatto, che le vende una maschera col potere di trasformarla in una piccola gattina bianca; Miyo decide così di sfruttare la situazione a proprio vantaggio e di sfruttare la forma felina acquisita per avvicinarsi all'amato. Il piano funziona, e Kento le si affeziona al punto da soprannominarla Tarō, come il cane che aveva da bambino. Sfortunatamente per lei, le cose si complicano quando per le conseguenze dell'incantesimo non riesce più a tornare umana.

Recensione

Immaginate di essere innamorati, di avere una cotta per un vostro compagno o compagna di classe ma di non essere ricambiati, di apparire totalmente invisibili ai loro occhi. Cosa sareste disposti a fare pur di ricevere le attenzioni della persona che fa battere il vostro cuore? Forse perdere addirittura la cognizione di voi stessi, abbandonarvi a tenere fantasie romantiche rischiando anche di apparire ridicoli agli occhi dei vostri amici, facendovi solo trasportare dagli impeti (a volte irrazionali) dei vostri sentimenti. 

La trama dell’anime è abbastanza semplice, anche se molto originale e avvincente, e segue le vicende di Miyo Sasaki, detta Muge, studentessa delle scuole superiori che vive a Tokoname nella prefettura di Aichi. La ragazza ha una cotta per Kento Hinode, suo compagno di classe che però non si accorge minimamente di ciò che la ragazza prova e, anzi, si sforza sempre più di ignorarla visto che Miyo, goffa e impacciata nonostante il carattere risoluto, non nasconde di esternare la sua cotta in tutti i modi, anche in quelli più assurdi. Tipico di Muge (Miss Ultra Goffa ed Enigmatica) come la chiamano i suoi compagni, è l “Alba di Hinode” una bizzarra dimostrazione di affetto con cui la ragazza colpisce con il sedere l’amato Kento, suscitando ilarità e imbarazzo generali.

Un giorno Muge, durante un festival tradizionale, entra in possesso di una maschera magica grazie al in dono dalGatto Venditore (il mascheraio) che le consente di trasformarsi nel gattino Taro. Nei “panni” del tenero felino Miyo riesce ad avvicinarsi a Kento, trascorrendo sempre più tempo insieme al suo amato con lo scopo di conoscerlo meglio e tentare di conquistarlo quando ritorna a essere umana. Ma ogni magia ha il suo prezzo da pagare e Miyo, trasformandosi sempre più spesso perché sempre più innamorata, rinuncia lentamente alla sua umanità.

Questa trama apparentemente leggera che parla di un amore innocente tra adolescenti, in realtà è solo la maschera, per l’appunto, che cela invece qualcosa di più profondo, un disagio straziante che lacera in silenzio l’allegra Miyo. La ragazza, abbandonata dalla madre in tenera età e trasferitasi dal padre e dalla sua nuova compagna, soffre l’abbandono e la mancanza dell’amore materno, sensazione di smarrimento acuita dalle compagne di scuola che, fin dalle elementari, l’hanno bullizzata puntando il dito sul fatto che neanche sua madre l’abbia voluta.

Miyo ha sempre combattuto questa situazione con risolutezza (memorabile una scena in cui prende a scarpate due ragazzine che la prendevano in giro), pur soffrendo nel profondo e cercando di soffocare tutto il suo disagio, nascondendolo dietro una facciata di ragazzina allegra sempre pronta a sorridere. Un comportamento tipico della cultura giapponese che quasi impone una visione “esterna” di sé stessi impeccabile e conformista per non suscitare disapprovazione o addirittura imbarazzo negli altri, un sacrificio non insolito in tanti giovani giapponesi che, come Miyo, anelano affetto e comprensione e ai quali, in molti casi, sarebbe sufficiente ricevere attenzioni anche solo dalla persona di cui si è innamorati.

Quando si trasforma in Taro Miyo è felice, riesce a trascorrere tanto tempo insieme al suo Kento, il quale ricambia l’affetto del gattino rivelando all’animale i suoi desideri più segreti e le sua aspirazioni, anche queste tenute nascoste (indossando una maschera di composta maturità) per non contrariare la madre che lo vede già studente di una prestigiosa università che possa regalare la ragazzo un futuro radioso ed economicamente importante per poter provvedere alla sua famiglia.

La ragazza, continuando a sfuggire a ciò che la fa soffrire, con un padre abbastanza distante e una matrigna gentile e premurosa ma “educatamente” tenuta a distanza dalla stessa Miyo, comincia a sentirsi al sicuro solo nel suo piccolo angolo di mondo felino, non accorgendosi che pian piano sta diventando sempre meno umana seguendo l’illusione che fuggire dalle delusioni, senza chiedere aiuto a nessuno, possa alleviare la sua condizione di bambina “rifiutata”.

Non vi rivelerà il finale, che vi invito a scoprire da soli guardando quest’anime che, pur non raggiungendo livelli eccelsi tipici di produzioni che in qualche modo lo hanno ispirato, si rivela essere una gradita sorpresa perché, con l’espediente di un’innocente love story tocca argomenti ben più profondi e importanti come il sentimento di inadeguatezza nei confronti dei coetanei, il bullismo e soprattutto la depressione di cui Miyo ovviamente evidenzia i primi accenni.

Il comparto tecnico di Miyo – Un amore felino è davvero convincente con le animazioni 2D di Studio Colorido che danno il meglio di sé nei passaggi in cui realtà e fantasia si intrecciano, senza dimenticare la cura dei particolari negli sfondi e nei paesaggi che risultano tanto comuni e tipici di una tradizionale cittadina giapponese, quanto ben realizzati e armonicamente inseriti nel contesto.

La sceneggiatura dell’anime e, come detto, molto originale e capace di affrontare con un tocco gentile e delicato argomenti molto sensibili accompagnandoci con empatia e condividere i sentimenti della tenera e goffa Miyo, vera superstar dell’anime ache se sia il suo personaggio che i “co-protagonisti” avrebbero meritato ancora più approfondimento, magari allungando un po’ la durata della pellicola che si ferma a 115 minuti.

Molto coinvolgenti e decisamente gradevoli le musiche, con la canzone di Yorushika intitolata “Hana ni Borei – Ghost In A Flower” che è un autentico gioiellino di delicatezza canora.

Un sì convinto dunque per Miyo – Un amore felino che veicola un messaggio importante, ovvero quello di non nascondersi troppo dietro a delle maschere e una forma di sé di facciata per non perdere la propria identità, l’aspetto più profondo che solo le persone che ci vogliono davevro bene riescono a vedere, se gliene viene data la possibilità.

Miyo Un amore felino

Un anime delicato che, partendo da un'originale e innocente storia d'amore, affronta con tatto e profondità argomenti ben più importanti.


La mia valutazione

Alla prossima
Luce <3