venerdì 4 ottobre 2024

I Leoni di Sicilia - serie tv (recensione)

Buongiorno, oggi vi parlo di una serie tv tutta italiana, che per chi lo ha (non io, in sostanza), è visibile su Disney +; se invece, siete come me e non avete Disney, la rai ha comprato i diritti, ed è visibile su rai uno dal 10/9, ma se siete come me, e odiate ritardi e pubblicità, direi che la data giusta sia 11/9, in modo da vederlo su raiplay


Titolo: I Leoni di Sicilia

Paese: Italia

Anno: 2023- in produzione

Formato: serie tv

Stagioni: 1

Episodi: 8

Durata: 40-59 min 

Lingua originale: italiano


Informazioni

I leoni di Sicilia è una serie televisiva italiana, diretta da Paolo Genovese, tratta dall'omonimo romanzo di Stefania Auci.

La serie narra le vicende dei Florio, una famiglia di armatori e imprenditori di origini calabresi, che nella Sicilia dell'Ottocento divenne una delle più ricche e influenti dell'intera Italia. 

Ai Nastri d'argento 2024 la serie ha vinto come serie drammatica e per il miglior attore protagonista per l'interpretazione di Michele Rondino.




Trama

Nell’Ottocento i fratelli Paolo e Ignazio Florio lasciano la miseria di Bagnara Calabra per cercare fortuna a Palermo, dove aprono un’aromateria e in poco tempo diventano ricchi. Ma sarà il figlio di Paolo, Vincenzo, a trasformare Casa Florio in un vero impero commerciale con spezie, tonno, zolfo e navi, negli anni dell’Unità d'Italia. Alimentata da un bruciante desiderio di riscatto, l'ambizione di Vincenzo è di essere trattato da pari dai veri potenti di Palermo: i nobili. Per questo cerca per sé una moglie titolata, ma s’innamora follemente della borghese milanese Giulia Portalupi, che lo distoglie dalle sue ossessioni che ricadranno, però, come una maledizione sull’unico figlio maschio, Ignazio, al quale spetterà il compito di tenere alto il prestigio dei Florio.




Recensione

Questa serie è tratta dal romanzo "I Leoni di Sicilia" di Stefania Auci.  Sappiamo tutti quanto sia difficile trarre un film o una serie da un romanzo di successo, ed è per questo che l'unico modo per non rimanere delusi dal risultato finale è considerare i due prodotti come unità autonome e a sé stanti, senza illudersi che uno sia necessariamente lo specchio dell'altro. Più che la copia carbone dei dialoghi e delle descrizioni, a contare dovrebbero essere le suggestioni, i profumi e i colori suscitati dalla lettura del romanzo originale e, in questo, la serie de I Leoni di Sicilia è perfettamente riuscita nel suo intento nonostante alcuni gridino al sabotaggio e al tradimento. Tralasciando il fatto che Stefania Aucii ha, furbamente, scelto di non collaborare alla sceneggiatura seguendo le orme di quanto fatto da Paolo Cognetti per "Le otto montagne", la serie de I Leoni di Sicilia di Disney+, approdata di recente su rai uno (ed ecco spiegato come l'ho recuperata, grazie Raiplay!) prodotta da Francesco e Federico Scardamaglia per Compagnia Leone Cinematografica e da Raffaella Leone e Marco Belardi per Lotus Production è riuscita a rendere giustizia a una storia complessissima e ricca di accadimenti come quella della famiglia Florio a modo suo, cercando per forza di cose di semplificare l'intreccio narrativo e di rendere il più chiare possibili le relazioni tra i numerosissimi personaggi presenti nel romanzo de I Leoni di Sicilia.


Insieme a una serie di rimandi tra passato e presente che non seguono la linea temporale lineare tratteggiata da Auci nel romanzo, edito da Casa Editrice Nord e tradotto in tantissime lingue, la serie de I Leoni di Sicilia cerca di rappresentare alcune peculiarità dei personaggi in maniera sapiente, esaltando o oscurando certi lati del carattere per renderli televisivamente più avvincenti. Il personaggio di Giulia Portalupi brillantemente interpretato da Miriam Leone che, da siciliana doc, si trova per esigenza di copione a interpretare un personaggio non siciliano ma milanese - brilla, per esempio, di un risvolto femminista che la serie sottolinea molto di più rispetto al romanzo, visto che è chiaro che il personaggio di Giulia sia il ponte più immediato con un presente nel quale le donne hanno finalmente il potere di decidere per sé. Un tratto che di certo non la accomuna a Donna Giuseppina, interpretata nella serie prima da Ester Pantano e poi da Donatella Finocchiaro: anche qui, la serie cerca una strada un po' diversa rispetto a quella del romanzo, cercando di ammorbidire alcuni lati del carattere di una donna ostile e condannata all'infelicità dalla prima all'ultima pagina per restituirle un calore e un'umanità che le Pantano e Finocchiaro sono riuscite a trasmettere alla perfezione.



Al di là di questo, la serie de I Leoni di Sicilia diretta da Paolo Genovese gioca molto di più sulle relazioni interpersonali dei Florio anziché su quel tarlo fastidiosissimo dell'ambizione e del buon nome della famiglia, legato al terrore del fallimento e del possibile ritorno a Bagnara che sentono un po' tutti: da Paolo a Vincenzo fino a Ignazio. Il modo migliore per godere de I Leoni di Siciliaun kolossal dal respiro internazionale che speriamo conquisti il pubblico straniero grazie ai colori aranciati e a quel mondo gattopardesco raccontato non più dal punto di vista del Principe di Salina ma da quello di Don Calogero Sedara, è, insomma, considerarlo un prodotto alternativo e complementare al romanzoe non alla sua copia fedele. Non sarebbe, dopotutto, potuto essere altrimenti, visto che ci sarebbero volute non 8 ma almeno 20 puntate per essere fedelissimi a tutti gli intrecci e alle sfaccettature descritte minuziosamente da Auci nella sua opera. Al di là dello sforzo produttivo e dei reparti - segnaliamo, su tutti, la sceneggiatura di Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, i costumi di Alessandro Lai e, soprattutto, la fotografia di Fabrizio Lucci -, per alcuni a stridere è stato l'utilizzo di una colonna sonora necessariamente votata alla contemporaneità.



Tralasciando i titoli di coda con Durare di Laura Pausini - per alcuni poco attinente allo spirito de I Leoni di Sicilia -, l'impressione che hanno avuto alcuni è stata una certa forzatura realizzata sulla falsariga di quanto già fatto da Sofia Coppola in Marie Antoinettefar entrare a tutti i costi le musiche di oggi in un contesto vecchio di duecento anni. Il risultato, in scene come quella del rapporto carnale tra Ignazio e la sua amante sulle note di Vorrei che fosse amore di Mina, è straordinario, mentre in altre, come la scena in cui Vincenzo esce dalla tonnara sulle note di Supermassive Black Hole dei Muse, un po' meno naturale. Resta che parliamo di una serie maestosa che riesce ad attaccare lo spettatore dall'inizio alla fine, anche se capace di proseguire su un binario alternativo al best-seller internazionale che lo ha ispirato.



La mia valutazione


Alla prossima

Luce <3




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