Trama
Neal Russell, ispettore della polizia di York, ha dovuto reinventarsi la vita. Dal giorno in cui venne ferito in servizio, le sue giornate trascorrono nel timore di non essere più all’altezza dei propri compiti. Egli percepisce la propria inadeguatezza nel continuare a vestire l’uniforme, nonostante il trasferimento ad un altro incarico e la fiducia che Helen O’Brian, suo diretto superiore, continua a riporre in lui.
La morte di un importante membro del Consiglio Comunale della città e l’incarico di garantire la
protezione ad un possibile testimone, travolgono la routine di Neal che si trova costretto a convivere con una persona che sa indossare, abilmente, mille maschere diverse pur di apparire l’essere perfetto e
desiderato che molti bramano di incontrare. Dietro al soprannome di “angelo caduto”, si cela un ragazzo disinibito che porta con sé l’eleganza insita nel suo nome, ma James vede in Neal solo un'altra anima da mettere a nudo, da asservire ai suoi desideri. Tuttavia, se il suo presente appare saldo, il futuro potrebbe riservare una sorte che lo accomunerà ad un nome dimenticato di un lontano passato. Per James la memoria potrebbe essere l’unica via di fuga dal tragico epilogo che si profila all’orizzonte?
«Ora l’angelo caduto mostra tutta la sua debolezza, ed è proprio in questo momento che la sua vera natura prende il sopravvento. Per pochi istanti si trasforma nell’essere perfetto, orgoglio e debolezza in lui si fondono per mostrare la vera essenza dell’uomo.»
Parte dei proventi di questo libro saranno devoluti alla Colonia felina del Cimitero Monumentale
Milano e del Castello Sforzesco, curata da alcune volontarie, che si adoperano da tempo per curare
e sfamare i gatti che vivono in questi spazi.
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Estratto dal Capitolo Secondo
La mente di Neal continuava a indugiare sul rapporto che aveva letto e riletto più volte,
cercando di farsi un’idea della persona che avrebbe incontrato di lì a poco. Curiosamente quel suo
appellativo, dai contorni così intriganti si frapponeva al suo vero nome, James, classico e solenne,
come lo era la costruzione che aveva visto stagliarsi all’orizzonte. Castle Howard era una delle
residenze di campagna più importanti del Paese, sorgeva a una ventina di chilometri a nord di
York, era tra le più grandi dell’Inghilterra, costruita tra il 1699 e il 1712 dal terzo conte di Carlisle.
Anche se i suoi interni erano davvero sontuosi, agli occhi di Neal era la tenuta che lo circondava ad
aver attirato maggiormente la sua attenzione. Vi aveva scorto numerosi monumenti, e prima di
mettervi piede aveva letto alcune informazioni sul web, scoprendo che la proprietà comprendeva
anche diversi villaggi.
Ormai attendeva pazientemente da venti minuti nell’imponente atrio della residenza, ritrovandosi
a osservare le alte colonne che sorreggevano la grande cupola.
Gli affreschi, racchiusi in elaborate cornici di marmo ritraevano figure mitologiche stagliate su un
cielo terso, illuminate dalle ampie finestre che si aprivano sulla parte superiore.
«Scommetto che Lord Gray ama fare il grandioso imponendo queste sfibranti attese» si
lamentò Neal cingendo le braccia dietro le spalle, voltandosi verso alcuni busti di marmo. Quei
volti sembravano tutti accigliati e forse, guardando quell’austero ambiente, ne avevano ben
motivo.
«Percival ha molti difetti, e uno dei più discutibili è quello di proteggere eccessivamente la
mia privacy, e la sua, ovviamente...» La voce che provenne dalle sue spalle era calma e pacata, ma
suscitò lo stesso un senso di apprensione. Si girò lentamente, ritrovandosi davanti a quello stesso
volto che si era ritrovato a osservare più volte mentre rileggeva il rapporto consegnatole da Helen.
Nonostante le poche informazioni, più si ritrovava a fissare quella fotografia, più si accorgeva di
quanto quell’appellativo fosse quanto mai azzeccato. La sua bellezza era indiscutibile e quegli
occhi bruni erano capaci di vincere ogni resistenza, mostrando un perfetto equilibrio tra dolcezza
e impertinenza.
«Immagino che tu sappia chi io sia» osservò il ragazzo, «mi spiace che tu abbia fatto questo
viaggio per nulla.»
«Veramente, speravo che mi concedessi almeno qualche minuto...» commentò Neal,
seguendone con lo sguardo i movimenti. Lo vide guardarsi attorno, incrociando le braccia al petto.
«Stai perdendo il tuo tempo» gli disse, oltrepassandolo.
«Può darsi James, ma io comunque vengo pagato lo stesso, nonostante il risultato» sorrise
Neal seguendolo.
«Beh, anche io» annuì il ragazzo aprendo il pesante portone dell’ingresso. «Io vado a fare il
mio quotidiano jogging, se riesci a starmi dietro.»
Neal alzò lo sguardo al cielo, ma non aveva scelta. Si era immaginato di poter parlargli seduto
davanti a una buona tazza di tè e non certo di inseguirlo per tutta la tenuta. Lo seguì, uscendo
dalla residenza, accompagnandolo lungo un sentiero che saliva verso la collina.
«Io mi chiamo Neal Russell...» gli disse, allentandosi il nodo della cravatta.
«Molto lieto, beh, tu sai già chi sono» replicò James senza neppure voltarsi, continuando a
correre.
«Sì, ma visto che siamo in argomento, ho letto del tuo soprannome, è molto particolare.»
«Vorrei prendermi il merito, ma non sono stato io io a sceglierlo. Fu il mio primo cliente... era
un professore di arte.»
«Ah, io... sì capisco...» indugiò Neal.
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