domenica 26 maggio 2024

Recensione "L'alba del vespero", Alessandro Del Gaudio

 


Autore: Alessandro Del Gaudio
Titolo: L'Alba del Vespero
Prezzo: 17,00   e-book 1,99
Link d'acquisto: QUI


«Da qui sembra il Bosforo» mi aveva detto, sorprendendomi, perché stavo pensando la stessa cosa. Eravamo a Lisbona e sembrava Istanbul.
Ma la cosa che mi sconvolse, dopo pochi minuti che dialogavamo, fu di scoprire che non stavamo affatto parlando della stessa città, né dello stesso mondo.
L’uomo aveva più o meno la mia età, ma sosteneva di provenire da un’altra Terra. Una in cui i metaumani esistevano solo nei fumetti e si facevano chiamare supereroi. Elfi, folletti e stregoni erano storielle per la buonanotte e nessuno avrebbe mai creduto nella loro esistenza.
E poi cos’era la Micronausia? Non esisteva un continente in mezzo al Pacifico. Né i mostruosi maelstrom in mezzo al mare, comparsi anni prima durante i terribili eventi che avevano sconvolto il mondo.
Sulla sua Terra nessuno aveva mai sentito parlare dei popoli degli abissi, né del potente regno nel sottosuolo. Era impensabile che qualcuno potesse vivere in profondità, a meno che non fosse un calamaro o una talpa.
Pensavo che mi prendesse in giro, ma era serio. E la sua convinzione più che adirarmi finì con l’intristirmi.
Poteva davvero esistere una Terra così? E in un mondo
come quello, avrei mai potuto incontrare Beatriz?


Trama

Niente è quel che sembra se si parla di Beatriz Cristea. Il suo passato, il suo nome, persino la sua nazionalità sembrano una mera montatura. Come tutti gli Aseiu - Agenti Segreti di Indagine Ultraterrena - opera per conto di un’organizzazione, il Vespero, ma persino i suoi compagni di squadra sembrano non fidarsi completamente di lei e della natura del suo potere.

Beatriz ha come unico alleato Nicodemo Borgonero, a cui è legata da una profonda amicizia. Nico è uno dei più abili operatori dell’occulto in servizio e per colpa di una missione dall’esito drammatico è costretto ad abbandonare la sua città e darsi alla fuga, braccato da coloro che fino al giorno prima considerava fedeli alleati.

I loro destini si intrecceranno in un crescendo di colpi di scena, lungo le strade di un’Europa solo in parte affine a quella che conosciamo, popolata da creature mitiche, streghe, dei, angeli e metaumani. Su tutti spicca il Tarocco, il misterioso killer di Aseiu che sta disseminando il continente di vittime e che qualcuno dovrà fermare, prima che la sua caccia giunga al termine.

Con l’alba del Vespero Alessandro Del Gaudio ci consegna un romanzo fantasy in stile spy-story, arricchendo il proprio repertorio di nuovi indimenticabili personaggi a cui i lettori non tarderanno ad affezionarsi.



Avevo bisogno di capire, bisogno che divenne attesa, attesa che si fece urgenza.

Fino a quando non conobbi Beatriz. Beatriz Cristea. La ragazza venuta da lontano che riuscì a strapparmi dalla ridda delle mie cospirazioni.

Terminato il liceo mi ero iscritto all’Università ed era là che c’eravamo conosciuti. Tutto era nato da uno scambio di battute durante una sessione d’esame, il confronto sulle domande, e poi una conoscenza più approfondita nata dalla curiosa scoperta di essere nati lo stesso giorno dello stesso mese dello stesso anno.

Anime gemelle. Venute fuori dallo stesso bozzolo, volate via dal paradiso - o da qualche altro tipo di empireo - nello stesso istante per incarnarsi in due corpi destinati a incontrarsi ancora.



Recensione

Oggi vi parlo del romanzo "L'alba del vespero" di Alessandro Del Gaudio; ringrazio la casa editrice per la copia digitale.

Due le atmosfere in campo: quella reale e quella fantasy entrambe molto incantevoli: si ha l'impressione di vagare fra le nuvole mentre si accompagna Nico nella sua ricerca della ragazza che ha sempre avuto nel cuore, Beatriz, così vicina e così distante, in contemporanea, con un carattere ambiguo che sembra nascondere la sua natura. Ma non è solo Beatriz ad avere un'identità da nascondere, perchè anche Nico ha i suoi segreti ed è parte del mondo sovrannaturale: da semplice orfano diviene un Aseiu, un agente che indaga sui fenomeni ultraterreni, una specie di Don Matteo che cammina tra la realtà di Torino e quella al di là dello specchio, Torinica, luogo dove non ci si stupisce di nulla, perchè ci si occupa di poteri nascosti, maghi e streghe, dei, esseri che pensavamo relegati nelle leggende fantasy, infine quelli denominati mataumani, in apparenza umani ma che hanno capacità inimmaginabili. I compiti di un Aseiu non sono affatto semplici, a volte sconfinano nell'ingiusto quando Nico è convinto della scelta che ha preso, durante una missione. Ma i suoi superiori non perdonano le mezze misure, così è costretto a inseguire un'altra via che lo porterà a immischiarsi nelle trame di un serial killer di agenti dell'ultraterreno, il Tarocco, spietato e imprevedibile, e restare coinvolto con la cerchia del Vespero, gruppo di Aseiu e compagni dell'amica Beatriz. Amici possibili, ma pure ostili. Una sola cosa è certa: Nico deve trovare la ragazza, intrecciata a tutto ciò che gli sta accadendo intorno, rappresentando forse la soluzione a questo enorme caso, che potrebbe essere l'ultimo per tutti. La vicenda è affascinante, lo è anche come è costruito il soggetto e l'ambientazione. Un fantasy mischiato a thriller di spie, dove non guasta una sfumatura sentimentale. Funziona ogni dettaglio, soprattutto il personaggio di Nico, con le sue imperfezioni di umano ma con le giuste convinzioni: la vita non è fatta solo per eseguire ordini, bensì per riflettere con la propria testa, anche se consapevoli delle conseguenze. La sua esistenza è un insieme di sventure e colpi di scena, ed è un personaggio che mi ha colpita dall'inizio. Beatriz è un personaggio un po' marginale ma al contempo fondamentale. 

E' il primo libro che leggo di questo autore, e devo dire che non è andata affatto male!


La mia valutazione



Alla prossima

Luce <3


«Beatriz?»

«Ciao Nico» mi salutò con voce argentina, scoprendosi la testa e mostrandomi i suoi capelli corvini.

Dopo due mesi trascorsi in mezzo a uomini intenzionati a uccidere e cospirare, accolsi il suo fare disinvolto e spensierato come una boccata d’aria fresca.

«Stavi andando via?» mi chiese dispiaciuta.

«Beatriz, cosa ci fai qui?»

«Passavo da queste parti.»

«Passavi? E anche il tuo amico Dantès e il tizio con l’ombrello che si allunga passavano da queste parti?»

«Dantès… e qui anche lui?»

«Lo sai perfettamente. Ci siamo incontrati a Torino e mi ha detto che ti conosce.»

«È vero, facciamo parte della stessa squadra, ma non è che ci diciamo sempre tutto quello che facciamo.»

Mi sporsi in avanti e puntai i gomiti sul tavolo, appoggiando il mento sulle mani. La scrutai con aria cinica, obbligandola a essere sincera con me.

«Non mi credi?» pigolò afferrando al volo uno dei due boccali, e lasciando che il cameriere mi mettesse di fronte il secondo.

La vidi trangugiare avidamente la bevanda e pulirsi la bocca, mentre gli occhi neri si giravano a guardarmi intensamente.

«Certo che mi fido di te» la rassicurai, non riuscendo, come sempre, a staccare lo sguardo dai lineamenti armoniosi del suo volto. «Ma davvero non sai cosa sta succedendo qui?»

«L’uomo con l’ombrello che si allunga» rispose ridacchiando maliziosamente, «si chiama Hansel e viene da Amburgo. Chiaramente conosco bene anche lui, a volte collabora con il Vespero. Ma non fa più parte della squadra. Non so come mai si sia incontrato con Dantès, e perché proprio qui.»

«E tu, esattamente, cosa ci fai in Francia?»

«Avevo una missione da compiere.»

«Per conto di chi?»

Compresi che non era intenzionata a rispondere, ed evitai di insistere.

«Sai che sono ricercato?» mormorai a disagio.

«Ho sentito qualcosa. E ho scoperto che eri qui, per cui ho pensato di venire a scortarti di persona» chiosò come se quella affermazione fosse la più logica del mondo.

«Come se avessi bisogno di essere scortato da te» sillabai tagliente, schioccando la lingua.

«No, ma mi farà piacere farti compagnia, tra un’imboscata e l’altra. Sarò felice di godermi lo spettacolo, mentre li sistemi tutti» scoppiò in una risata improvvisa, una delle cose di lei che più amavo.

«Dunque, andiamo allora.»

«Dove?»

«A Stoccarda» risposi, intuendo come quella non fosse la risposta giusta, dal suo punto di vista.

«Come?»

«In pullman.»

«Ho il mio maggiolino parcheggiato all’angolo. Ti va uno strappo?»

Sorseggiò con gusto il resto della birra, già conoscendo la mia risposta.

«Appena hai finito.»

«Bene, capo» replicò imitando il mio tono di voce piatto e perentorio.

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